Immoto su uno sperone di roccia arenaria, Pentedattilo se ne sta innanzi alle vallate riarse dal sole delle fiumare di Annà e di S.Elia. Ci si può arrivare attraversando le marine, d'omogenea e informe bruttezza, assiepate sulla parte meridionale della costa ionica. Paesi, paesucoli e cittadine che sembrano conformarsi a un unico criterio estetico e urbanistico: l'occupazione.
Lo spopolamento ha condotto il borgo fuori del tempo della storia per consegnarlo al limbo dell'erosione geologica. La stasi in cui Pentedattilo è assopito si sposa con l'estasi del visitatore, rapito dalla virulenza estetica della mano rossastra composta dalle rocce della rupe del Monte Calvario.
Ma una storia ben più prosaica racconta invece che a partire dalla fine del Seicento la dinastia degli Alberti, proprietaria del feudo di Pentedattilo, favorì lo spostamento dei contadini verso la zona pianeggiante vicina alla costa per ampliare l'estensione dei terreni coltivati e accrescere le rendite del feudo. Alle spinte di politica economica si aggiunsero le conseguenze rovinose di una lunga serie di disastri naturali: il terremoto del 1783, poi quello del 1908, l'alluvione del 1951 sfociarono nel grande esodo degli anni cinquanta e nella dichiarazione di inabitabilità del 1968.
E mentre Pentedattilo moriva, Melito Porto Salvo, con la sua fiorente produzione di bergamotto, sorgeva.
Pentedattilo oggi «è un defunto che perturba i viventi», come scrive Vito Teti ne Il Senso dei Luoghi, poiché testimonia della caducità dei luoghi di vita.
La natura imperante in cui giace sembra infatti voler risucchiare le mura dell'antico abitato. Fermo nella sua granitica sopravvivenza, Pentedattilo si è col tempo trasformato da borgo animato dagli uomini in elemento di natura incastonato nelle pendici dell'Aspromonte. E questo passaggio involutivo è contrassegnato dal sole che a Pentedattilo picchia più forte che in altri luoghi calabri.
A fare da contraltare al dramma dell'abbandono vi è l'armonia estetica di un borgo perfettamente integrato nel suo paesaggio.
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