Ieri notte, improvvisamente, mi è balzato in testa l'idea di spiegare il funzionamento di una macchina fotografica digitale (o almeno le basi per i meno esperti) che viene sfruttata soprattutto in questo periodo di vacanze. In realtà non so spiegarmi neanche io come mai mi è venuta in mente questo pensiero, ma tant'è...
Una digitale funziona praticamente alla stessa maniera di una macchina fotografica analogica, con la principale differenza che risiede nel supporto di registrazione della fotografia stessa: la pellicola per l'analogica e un file in binario per la digitale.
Questa differenza influenza ovviamente la costruzione dei vari dispositivi all'interno della macchina.
Come nella macchina tradizionale, la macchina digitale registra l'immagine per mezzo dell'obiettivo che focalizza su un piano, chiamato piano focale. Il piano focale è una pellicola per la macchina fotografica tradizionale, mentre per la digitale è una griglia di piccoli ricevitori, chiamati fotorivelatori, che "contano" il numero di fotoni, le particelle che compongono la luce, che incidono sul ricevitore. Maggiore è il numero di fotoni provenienti sul particolare fotorivelatore, maggiore è la corrente elettrica generata. Tale corrente viene poi misurata (la corrente è una delle poche quantità fisiche che sappiamo misurare con alta precisione), ottenendo quindi una serie di numeri, uno per ogni punto della griglia del piano. A questo punto noi conosciamo, in un qual modo, quanta luce è arrivata in ogni punto, permettendoci di costruire un'immagine che sarà maggiormente fedele all'"originale", quanti più fotorivelatori ci saranno nella griglia.
Però, come i più perspicaci avranno intuito, con le informazioni in nostro possesso possiamo ricostruire solo un immagine in bianco e nero (o, per meglio dire, in "scala di grigi"). Infatti, con il sistema descritto, noi non possiamo distinguere il "colore" dei singoli fotoni che ci permetterebbero di ricostruire una completa immagine a colori.
Il problema è infatti che i fotorivelatori non sono in grado di distinguere il colori. O prendono tutti i fotoni senza distinzione di colore, o ne prendono quelli con un colore particolare (deciso in precedenza dal costruttore). In entrambi i casi non riusciamo comunque ad ottenere le informazioni necessarie per ricostruire l'immagine a colori che vogliamo.
La prima idea per realizzare una fotografica a colori è stata proposta da Maxwell (lo stesso della teoria dell'elettromagnetismo). Lui realizzò tre fotografie in bianco e nero identiche utilizzando nei tre casi tre filtri diversi: uno rosso, uno blu e uno verde.
Sovrapposizione delle tre foto (mescolando quindi le varie tinte) Maxwell realizzò quindi la prima foto a colori. Evidente però la scomodità della realizzazione di una foto a colori.
Teoricamente questo processo si potrebbe fare meccanicamente: una serie di tre foto, in cui si cambia il filtro ogni volta. Praticamente "il cambiare il filtro ogni volta" è il problema principale. Non è possibile cambiare istantanemente le caratteristiche dei singoli fotorivelatori o applicarci un filtro in maniera veloce e meccanica. Che fare allora?
Come avete immaginato, il sistema utilizzato nelle moderne macchine fotografiche digitali utilizza un sistema di filtraggio simile a quello proposto da Maxwell. Esistono in realtà diversi sistemi per realizzarlo, ma il più comune utilizza un cosiddetto array di filtri a colori, uno schema di filtri (chiamato Bayer) mostrato in figura:
Grazie a questi filtri noi possiamo produrre immagini distinte, e incomplete, per i colori rosso, verde e blu. I più svegli avranno notato che c'è una predominanza del verde rispetto agli altri due colori; questo segue in una qualche maniera la sensibilità dell'occhio umano: i nostri occhi infatti sono più sensibili al verde rispetto altri colori.
Abbiamo quasi finito il nostro processo. Per ora abbiamo solamente 3 immagini incomplete per i 3 colori. Ma noi vogliamo un'immagine completa. Come facciamo a sapere come completare la griglia?
Tiriamo ad indovinare!
Può sembrare uno scherzo, ma funziona più o meno così.
Prendiamo per esempio solo la griglia verde. Vogliamo calcolare quanto verde ci sarà in un pixel non coperto dalla griglia. Per far questo utilizziamo un metodo chiamato interpolazione: sfruttiamo, cioé, le informazioni che provengono dai pixel adiacenti a quello che vogliamo calcolare. Effettuiamo quindi una sorta di media dell'intensità della luce rilavata dai pixel che ci sono nelle immediate vicinanze del particolare pixel sotto studio...et voilà, abbiamo realizzato un'immagine completa per ogni colore.
Ovviamente il sistema di interpolazione è parecchio più complesso, ma funziona più o meno sul principio (chiamato da alcuni "demosaicizzazione") che vi ho scritto.
Mostriamo ora due esempi di questo processo:
->
Viè sembrato complesso tutto questo sistema? E se vi dicessi che la vista dell'essere umano funziona nella stessa identica maniera (compreso il sistema di interpolazione)?
Questo era più o meno quello che avevo intenzione di dirvi sull'argomento. Ho evitato di scendere sui dettagli, sia per non appesantire il discorso, sia per mia ignoranza sui dettagli.
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